The Joshua tree

The Joshua tree U2

A scanso di equivoci, la sparo subito grossa: per me, The Joshua tree degli U2 è…
No, non sto per dire “Una cagata pazzesca” alla Fantozzi, meritandomi novantadue minuti di applausi.

Per me, The Joshua tree degli U2 è uno dei dieci album più belli della storia del rock.

1987. Consacrati tre anni prima al grande pubblico con The unforgettable fire, il quartetto irlandese compie il salto definitivo verso l’olimpo musicale. La produzione di Re Mida Brian Eno sintetizza le caratteristiche dei singoli dischi passati della band e ne fa un tutt’uno perfetto. Le canzoni scorrono sui fraseggi ritmici del chitarrista The Edge (che abbonda con delay e riverberi) e fanno scopa con i testi impegnati di un Bono in stato di grazia. I riferimenti tematici agli Stati Uniti la fanno da padrone, basti pensare alla copertina, che raffigura un albero tipico degli assolati deserti a stelle e strisce.

La tripletta iniziale è forse la migliore degli anni ottanta.

Where the streets have no name è un inno all’uguaglianza razziale e civile, scritto da Bono a seguito di un viaggio in Etiopia con Amnesty International.

“ Where the streets have no name, We’re still building”

La canzone si apre e si chiude con un magico quanto semplice giro di chitarra, che ti lascia quel sentore nelle orecchie tale per cui immagini già che si tratterà di un disco speciale.
I still haven’t found what I’m looking for è una di quelle song che ti fanno ringraziare la fortuna di ascoltare buona musica. Siamo di fronte all’ennesima perla vocale di Bono, accompagnata da una musica strutturata come una semi-ballad di matrice quasi gospel, che caratterizza in maniera orgogliosa il popolo afroamericano. L’andatura sinuosa degli strumenti accompagna un testo a sfondo religioso, dentro il quale si trova difficoltà nel trovare la fede (“Ma non ho ancora trovato quello che sto cercando”).

Che dire di With or without You? Parte lenta e si impernia lungo una sinuosa strada a metà tra una storia d’amore finita male e una crisi mistica (queste sono le due chiavi di lettura possibili del brano), per poi esplodere dopo tre minuti in un tripudio rock straordinario. Larry Mullen Jr, batterista a mio avviso troppo poco incensato, e Adam Clayton, bassista secco e potente al bisogno, emergono in tutta la caratura di musicisti di classe e si uniscono agli altri due fenomeni in un tripudio sonoro, che sfuma dopo circa un minuto e lascia nell’aria una piacevole coda strumentale.

Tutti gli altri otto pezzi, seppur non al livello dei primi tre, donano singolarmente un mattoncino al racconto di un certo tipo di America. Non quella di grattacieli e armi, ma quella umile e selvaggia.
The Joshua tree racconta in parole e musica il mito americano, con occhi e orecchie di quattro ragazzi irlandesi. E scusate se è poco.

Mi voglio fermare qui con l’analisi di questo capolavoro per lasciare a voi, amici lettori, qualche domanda semplice semplice:

  • Cosa hanno rappresentato per voi gli U2?
  • Cosa ne pensate di questo album?
  • Rappresenta il loro apice?

Are you still finding what you’re looking for?

🤘Album: The Joshua Tree

🤘Gruppo: U2

🤘Genere: Rock

🤘1987, Prima stampa Ita

🤘Voto: 95/100

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Filippo Bini autore romanzi ambientati a Bologna
Filippo Bini

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