Rust in peace, lo zenit dei Megadeth

Rust in peace Megadeth

Rock Tv, ex canale 718 della più nota emittente televisiva a pagamento, trasmetteva a ora tarda il programma “Metal Zone”. Nel gennaio 2006, l’esame di economia aziendale mi imponeva una sveglia dignitosa alle 7.30 dell’indomani per l’ultimo ripasso, ma i Megadeth furono di ben altro avviso.

1990. Reduci da alcuni burrascosi cambi di line up, i Megadeth trovarono stabilità con gli innesti in formazione del funambolico chitarrista Marty Friedman e del talentuoso batterista Nick Menza. Dave Mustaine, padre-padrone della band, nonché principale compositore, voce e chitarra ritmica, trae spunto per i testi dalla guerra e dalla fame nel mondo, criticando i potenti della terra con la caratteristica voce tagliente e rabbiosa. Ma è il suo thrash metal a proiettare il genere oltre ogni immaginazione.

Holy wars…The punishment due investe sin da subito i timpani con un riffing estremamente azzeccato e potente; il clangore del basso di David Ellefson e la debordante potenza della batteria formano una solidissima sezione ritmica, che assieme all’acidula voce di Mustaine ci conduce a uno dei più riusciti assoli della storia del metal tutto.

Rust in Peace racchiude un diluvio di classici a ripetizione; Hangar 18 è la summa di come migliaia di band al mondo hanno sempre cercato di suonare, con un robusto groove di basso e di batteria che spalanca le porte al tappeto ritmico delle chitarre della ditta Mustaine & Friedman, prima che degli stacchi accrescano il pathos del brano. L’Hangar 18 citato è della Wright-Patterson Air Force Base, base militare in cui si ritiene siano celate le prove dell’incidente alieno di Roswell, avvenuto nel 1947, anno in cui quando un oggetto non identificato precipitò al suolo nel New Mexico. Una serie infinita di assoli chiude un brano capolavoro.

La band, in stato di grazia, inanella una serie di brani clamorosi, tra cui spiccano Tornado of souls e Rust in peace… Polaris.
Nel primo brano, il famoso riff è attraversato da stupendi armonici di chitarra, ritmiche e intrecci da cardiopalma e l’ennesimo assolo da consegnare ai posteri.
Siete sicuri che il metal sia solo rumore? Sicuri sicuri?
La doppia cassa martellante introduce Rust in peace…Polaris, glaciale conclusione del disco; il brano è un caleidoscopio di cambi di tempo e di fraseggi nervosi e nevrotici, inframezzati dalla voce di un Mustaine grande, grandissimo, geniale.

Ritorniamo al sottoscritto che, come avrete capito, rimandò la sveglia di parecchie volte. I Megadeth ebbero decisamente la meglio sul ripasso di economia aziendale.
D’altronde, cos’è la buona musica se non cultura ai massimi livelli?

P.s: superai l’esame.


“You feel my fingertips,
You won’t forget my lips.
You’ll feel my cold breath,
It’s the kiss of death”.

🤘Album: Rust in peace

🤘Gruppo: Megadeth

🤘Genere: Thrash metal

🤘1990, Prima stampa Ita

🤘Voto: 98/100

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Filippo Bini autore romanzi ambientati a Bologna
Filippo Bini

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