Human Death, not a flattening of emotions

Human Death

Ho sempre praticato con parsimonia le mie scorribande verso i lidi del metal estremo. I Death nel mio caso fanno eccezione, in quanto li considero al di sopra dei generi, trascendendo il concetto di metal tout court ed elevandolo verso la perfezione sonora.

1991. Prima Guerra del Golfo, nascita del primo sito web, dissoluzione dell’URSS. Come serie di eventi mondiali, direi tanta carne al fuoco.
I Death, dal canto loro, venivano da una maturazione stilistica importante, passando dal seminale e brutale Scream bloody gore e dai più ragionati Leprosy e Spiritual healing. Il mastermind della band, il geniale Chuck Schuldiner (rip), decise di alzare ulteriormente l’asticella tecnica e ingaggiò nientepopodimeno che Steve DiGiorgio al basso, Paul Masvidal alla chitarra e Sean Reinert alla batteria.

Human è un disco coraggioso e si circonda di un’aura di violenza mai fine a sé stessa, di una carica espressiva potente ed intricata e di partiture musicali che toccano il jazz e la fusion (eccezionale il lavoro di Reinert in questo senso).

Vogliamo parlare dei testi? Quale band death metal di quegli anni parlava nelle liriche di aborto, droghe e tematiche sociali? Loro sapevano andare oltre ai cliché pregni di horror e occultismo dei loro colleghi devoti al metal estremo.
La musica? Un magma ribollente di chitarroni ultracompressi e iper-tecnici, velocità folli, riff intricati e stop’n go che mettono a serio rischio il collo di noi poveri adepti del metallo. A proposito di metallo, qui coesistono quello classico, il thrash, il death e qualsiasi elemento che possa rimandare a questi generi.

Vi chiederete perché non ho ancora nominato una canzone.
La risposta: perché in questi quaranta minuti scarsi di recensione sto ascoltando il vinile e, come al solito di getto, non saprei se descrivere la magniloquenza di Flattening of emotions, il cazzotto in faccia (metaforico) di Secret face, oppure la calma quasi olimpica di Cosmic sea. Ho optato decisamente per descrivere le emozioni che questa release mi ha sempre suscitato, le quali (va detto) toccheranno lo zenit in quello che secondo me sarà il loro punto di arrivo, l’album Symbolic.

Ma questa è un’altra storia*.

*Postilla alla recensione: non ho mai incontrato alcun metallaro che mi abbia mai parlato male dei Death, o che ritenga la loro musica divisiva a livello di qualità della proposta.

Ecco perché elevo Chuck Schuldiner nell’Olimpo dei grandi della musica pesante tutta.

Ciao Chuck.

Always locking the doors to your mind,
escaping the reality that surrounds you
.
Using faith as an excuse to kill,
a sick way of life is now revealed”.

🤘Album: Human

🤘Gruppo: Death

🤘Genere: Death Metal

🤘2001 Repress, Germany

🤘Voto: 90/100

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Filippo Bini autore romanzi ambientati a Bologna
Filippo Bini

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