L’ultimo grande capolavoro dei Metallica. Il canto del cigno dei veri Four Horsemen.
L’ultima perla prima del tradimento.
Sono solo alcune definizioni che permeano And justice for all, l’ultimo tassello thrash tout court del mosaico Metallica, sino a lì perfetto e irripetibile.
1988. La più grande metal band dell’epoca e di sempre (almeno assieme agli Iron Maiden), reduce dalla tragica scomparsa del geniale bassista Cliff Burton e da tre dischi che avevano fatto scuola, consegna alle stampe un platter dall’impronta più tecnica, ma non per questo meno violenta e letale.
Anzi…
L’opener Blackened non lascia prigionieri, con quel riffing assassino che si stampa in testa per non mollarti più. Assistiamo sin da subito a una maturazione stilistica di Ulrich, che si lascia andare ad alcuni passaggi veramente notevoli. Hetfield canta rabbioso e maturo e sciorina riff assassini, Hammett ci delizia con un assolo melodico e penetrante allo stesso tempo.
Non è da meno la title track, che presenta un caratteristico stop ‘n go, vera delizia per i timpani di noi metallari. In dieci minuti, la band condensa tutto il meglio che il loro percorso musicale potesse proporre in quel momento storico. Tolta la quasi totale assenza del basso (voluta e foriera di polemiche), la canzone propone tinte heavy/thrash con ritmi meno violenti e più sincopati, durante i quali Hetfield ironizza sul sistema giudiziario americano. Menzione particolare per le parti di batteria di Ulrich, che da semplice (si fa per dire) “picchiatore” al servizio della canzone, detta i tempi e raggiunge il momento apicale della sua carriera.
Altri episodi degni di nota sono Harvester of sorrow, con il suo incedere pesante come un macigno, e, soprattutto, One.
Quest’ultima merita un capitolo a parte e rappresenta, a parere di chi scrive, il pezzo metal più completo mai composto. Alla prima parte strutturata come una angosciante ballad, al pari dei loro capolavori del passato Fade to black e Welcome home (Sanitarium), si contrappone l’inferno sonoro della seconda metà: una battaglia senza quartiere chitarra-batteria, una sassaiola impazzita di note e il famoso doppio pedale di Ulrich, che imita il suono della mitragliatrice.
Completa, varia, dinamica, tormentata.
In una sola parola: storica.
Tutte le altre cinque canzoni inserite nel disco farebbero impallidire qualsiasi disco moderno; basterebbe questo per issare And justice for all nel gotha del metallo.
Il cantato di James Hetfield matura ulteriormente e i suoi riff al fulmicotone raggiungono apici creativi mai più avvicinati.
Gli assoli di Kirk Hammett sono ispiratissimi e tecnici allo stesso tempo.
Lars Ulrich sciorina la migliore prestazione della sua (talvolta criticata) carriera.
Il neo entrato Jason Newsted si dimostra una belva sul palco e un bassista ipertecnico, pur senza toccare lo zenit di Cliff Burton.
Questo album rende pienamente giustizia a una band che in seguito, almeno da studio, avrebbe cambiato pienamente registro.
Cosa sarebbe stato questo disco con il basso registrato normalmente…
Ve lo dico io: un trenta e lode assicurato.
“Justice is lost
Justice is raped
Justice is gone”
🤘Album: And justice for all
🤘Gruppo: Metallica
🤘Genere: Thrash metal
🤘1988 – Prima stampa Ita
🤘Voto: 91/100