Il terremoto dei Litfiba

Terremoto Litfiba

Terremoto è sicuramente l’album più diretto e ignorante, come diremmo a Firenze”.
Parole di Piero Pelù, storico frontman dei Litfiba, pronunciate circa trenta anni fa.

1993. Con alle spalle il clamoroso successo commerciale di El diablo, il gruppo toscano, a detta di chi scrive il miglior esponente di sempre del rock italiano, quantomeno di un certo tipo, lancia sul mercato l’album Terremoto.
Già dal logo della band e dal disegno in copertina, il primo ripreso spudoratamente dai Metallica e il secondo rappresentato da un pugno su sfondo rosso intenso, si capisce l’antifona.

Dimmi il nome stordisce con il suo incedere terremotante e con i suoi testi improntati a una critica – per nulla velata – a Tangentopoli. Musica e testi di una potenza non replicabile da nessuno, almeno in Italia, in quegli anni. Avete qualche dubbio? Guardatevi il live del concerto del I Maggio del 1993.
Il riff di Maudit non lascia il tempo di riprendere fiato: Pelù entra in testa sputandoci in pieno volto tutto il tourbillon di corruzioni, stragi e intrighi di potere tra parte della politica nostrana e la P2.

“E le stragi senza nome, tutte passano da Roma”.

Sinora tutto perfetto e dannatamente riuscito.
L’arpeggio di Fata Morgana, dolce e quasi arabeggiante, è il preludio a uno dei pezzi più conosciuti di tutta la discografia dei Litfiba, che poggia sull’ipnotico riff di Ghigo Renzulli, sul suono profondo del bassista Roberto Terzani e su di un testo che racconta di allucinazioni e di miraggi.

“Hai venduto l’anima al mercato, già qualche santo in terra ci è cascato.”.

Il leit motiv di Soldi è la mercificazione e la tentazione del vile denaro, trasposto dai Litfiba con un pezzo brioso ma allo stesso tempo che non si discosta molto dalla durezza degli altri brani e vede un Pelù mattatore nel denunciare le nostre debolezze.

Ho sempre avuto un debole per Prima guardia, vuoi per la forza intrinseca del testo (una denuncia contro la guerra e il servizio militare obbligatorio – la naja) o per il meraviglioso assolo finale del mai troppo celebrato Renzulli, che lascia sempre la sua impronta di classe in ogni brano.

Ogni spazio del disco è riempito pesantemente dal tocco del batterista Franco Caforio, proveniente dai Death SS, orgoglio metallico tricolore. Ho avuto modo di conoscere Caforio e di vederlo suonare dal vivo e capisco (se mai ce ne fosse bisogno) come aiutò la band a mettere nel motore un pieno di benzina pesante e funzionale alla direzione della band.

Dinosauro, Il mistero di Giulia (dal testo irriverente e dissacrante), Firenze sogna e Sotto il vulcano (dedicata al compianto Augusto Daolio dei Nomadi) completano l’album Terremoto, a oggi uno dei picchi del panorama rock musicale italiano degli ultimi tre decenni.

La scala di misurazione è la Richter, quella Mercalli non è sufficiente.

“Grido l’allarme che m’esplode dentro.
Perché lo so che siamo problemi diversi, lingue diverse.
Trasforma il tuo fucile in un gesto più civile”.


🤘Album: Terremoto
🤘Gruppo: Litfiba
🤘Genere: Hard rock
🤘1993, Prima stampa Ita
🤘Voto: 90/100

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Filippo Bini autore romanzi ambientati a Bologna
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