Burn Deep Purple!

Burn Deep Purple

Parto dal fondo: Burn, primo album della cosiddetta Mark III (spiego dopo il senso), è semplicemente un must have. E il brano Burn è, a mio parere, il più bel brano hard rock della storia. Ora che l’ho sparata grossa, vi elenco le motivazioni.

1974. I Deep Purple, reduci da una serie strepitosa di album hard rock (cristallizzati in quello che forse è il più bel live di sempre, Made in Japan), cambiano pelle. Fuori la coppia Gillan/Glover, dentro il giovane talentuoso vocalist David Coverdale e il cantante/bassista Glenn Hughes. Se la Mark II aveva forse ceduto il passo in termini di stesura dei brani, la Mark III, terza incarnazione della band albionica, era ora composta da: Lord, Blackmore, Paice, Coverdale e Hughes. La freschezza compositiva, almeno in un primo momento, ne risente positivamente e sfocia nel capolavoro di cui vi sto parlando.

Il riffaccio hard (rock) e una vulcanica sezione ritmica aprono il disco con l’omonimo brano. Se qualcuno mi chiedesse di descrivergli il significato di pelle d’oca, gli consiglierei di appoggiare la puntina sui primi solchi del vinile. Coverdale (in seguito frontman dei Whitesnake) esordisce nel purple world ruggendo in versi la storia di una donna capace di incendiare tutto quanto con un solo gesto:

 “People are sayin’ the woman is damned,

she makes you burn with a wave of her hand”.

Lo spazio riservato agli strumenti, a detta di chi scrive, è quanto di meglio il mondo del rock ha sciorinato negli oltre sessant’anni di storia. Sua maestà Blackmore produce un assolo divino e lascia spazio all’altra maestà (!!) Lord che, con il suo hammond, alza la pelle d’oca con intarsi neoclassici ripresi da Johann Sebastian Bach.
Nei circa sei minuti di Burn, non mancano i fraseggi vocali Coverdale/Hughes e le solite poderose rullate di Paice. Inutile dire che il pubblico dell’epoca rimase a bocca aperta e dimenticò per un attimo lo shock del cambio di lineup.

Il voto 88 che troverete in calce alla recensione è la media tra il 100 della titletrack, il 95 di Mistreated e le altre ottime songs.
Mistreated, gemma posta al penultimo posto in scaletta, viene introdotta (strano!) dalla Stratocaster di Blackmore e rappresenta una rilettura delle più belle ballate hard blues che fino a quel momento erano state scritte. La canzone è impreziosita dalla struggente vena malinconica con la quale Coverdale offre, per distacco, la sua migliore prestazione all’interno della militanza dei Purple. Brano sexy, anthemico, passionale, continuate voi perchè ho finito gli aggettivi.

Tutti gli altri brani sono di livello; menzione particolare per Lay down stay down (un blues rock molto Purple) e per You fool no one, nel quale è tutta la band a dare sfoggio di esecuzioni sempre sopra le righe.

In conclusione, alzi la mano colui che ha ascoltato anche solo una volta il disco Burn e non ne è rimasto ammaliato.
Gli consiglierei gentilmente di ripresentarsi a settembre, per l’esame di riparazione di musica.

Scritto e, soprattutto, orale.

🤘Album: Burn

🤘Gruppo: Deep Purple

🤘Genere: Hard Rock

🤘1974, Prima stampa Uk

🤘Voto: 88/100

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Filippo Bini autore romanzi ambientati a Bologna
Filippo Bini

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