Senjutsu, ovvero come stupire ancora

Recensione Senjutsu Iron Maiden vinile

Sarò onesto: un po’ come succede con la mia amata Inter, a ogni nuova release degli Iron Maiden svesto i panni del metallaro super partes e indosso quelli dell’ultras. Con Senjutsu, ultima fatica in studio della Vergine di Ferro, la dinamica è stata la medesima.
Come recensore, invece, cerco come sempre di scindere il buono (tanto) dal meno buono (poco).

2021. Reduci dal discreto The book of souls, il fenomenale e indomito sestetto albionico torna a deliziare i padiglioni auricolari di tutto il mondo e lo fa (finalmente!) con diversi elementi migliorativi rispetto alle ultime uscite:

1) Una produzione finalmente meno impastata e più potente, al netto di alcuni sovraeffetti sulla voce di Dickinson (scelta di comodo?) e dell’uso creativo del sinth (stucchevole in alcuni punti).

2) Una copertina magnifica, con un Eddie samurai e un packaging dalla bellezza stordente. Volenti o nolenti, gli Iron Maiden sono anche una delizia per gli occhi.

3) Un Dickinson in netta ripresa, che alterna sapientemente i famosi acuti a una teatralità spaventosa. Più in generale, non esagera con i toni alti e risulta più gradevole rispetto al recente passato.

4) Un maggiore spazio a quello che attualmente ritengo il migliore compositore della band: Adrian Smith.

Le canzoni? Il lato A del disco 1 andrebbe insegnato a scuola, spiegando che gli unici rimasti a sessantacinque/settanta anni (!) che scrivono musica del genere sono gli Iron Maiden.
Tre canzoni, tre centri, tre peculiarità diverse. Evocativa e magnetica la titletrack, dal ritmo cadenzato e dal taglio atipico per la band, si sviluppa in un mid tempo heavy con Bruce Dickinson sugli scudi.
Stratego è la classica galoppata maiden-style, sempre più rara ma per questo un piacere da ascoltare. Nulla di nuovo, ma suonata benissimo.
The writing on the wall al primo ascolto mi ha lasciato spiazzato, ma i vecchi marpioni questa volta mi avevano fregato. Si tratta di un hard blues magnifico, con il più bell’assolo di Smith dai tempi di Brave new world.

Con il passare dei pezzi, il disco si assesta secondo il leit motiv degli ultimi loro vinili.
La struttura del brano si amalgama seguendo un arpeggio iniziale piuttosto lungo, strofa/ritornello (x2), assolo e ritornello, chiusura sfumata con l’arpeggio di cui sopra. Il minutaggio si dilata, il taglio è più prog che heavy. Harris, bassista e mastermind della band, ha deciso che ormai la direzione è quella e in fondo va bene così.
Nota di merito per Darkest hour, che non stonerebbe su un album solista di Bruce, e la conclusiva Hell on hearth, che condensa in undici minuti tutte le caratteristiche sopra menzionate, portate però alla loro massima espressione in positivo. Siamo di fronte a una suite che ci mostra una band coesa, che spreme il massimo possibile dalla loro immensa classe ed esperienza.

La sensazione è che con un maggiore snellimento dei brani ci troveremmo di fronte a un mezzo miracolo. Ma chi sono io per dire agli Iron Maiden quello che devono fare?
Solo un ultras. Che corre a riascoltare Senjutsu, per paura che possa essere l’ultimo regalo di una straordinaria carriera discografica.

“Beyond the dark, I feel the pain. It’s hidden but I can’t explain.

A cross to bear, a heavy faith. My sorrow whispers time again”.

Up the Irons!

🤘Album: Senjutsu

🤘Gruppo: Iron Maiden

🤘Genere: Heavy Metal

🤘2021 – Prima stampa Ita, limited edition

🤘Voto: 75/100

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Filippo Bini autore romanzi ambientati a Bologna
Filippo Bini

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