Nel 1999 non ci fu solamente l’allarme per il Millennium bug, che fortunatamente si risolse in una bolla di sapone. Fu annunciata in pompa magna la reunion che tutti i cuori di metallo attendevano con ansia: gli Iron Maiden riaccolsero tra le braccia Bruce Dickinson e Adrian Smith, separandosi dal cantante di allora Blaze Bayley.
2000. Preceduto da una serie di concerti che sancirono la ritrovata amalgama tra i componenti della band, il disco Brave new world venne dato alle stampe e fu subito chiara una cosa: gli Iron Maiden erano tornati e l’esperimento di mantenere la formazione a tre chitarre con Janick Gers funzionava.
Il main riff di The wicker man, magari non originalissimo (saccheggiato da Running wild dei Judas Priest) ma tremendamente tritaossa, inaugura un brano di sicuro impatto. Orecchiabile, dinamico, ottimi gli assoli e i fraseggi delle tre chitarre, ruffiano e adatto ai live il ritornello; in sintesi una opener non eccezionale, ma efficace.
Con la successiva suite Ghost of the navigator il tiro si alza e di parecchio; gli Iron Maiden recuperano dai tempi migliori una intelaiatura progressive, modernizzata da musicisti all’epoca ultraquarantenni e articolata e raffinata nei dettagli, che poggia su spettacolari cambi di tempo e partiture più intricate. Il testo che narra del viaggio di un misterioso navigatore, evocativo come non mai, altro non è che la metafora della vita, inframezzata da turbolenze e tempeste come tanti pellegrinaggi in mare aperto.
Tutto il disco presenta un alternarsi di brani più diretti (The fallen angel, The mercenary) e di canzoni che identificheranno gli Iron Maiden dal 2000 in avanti (The nomad, Out of the silent planet, The thin line between love and hate): arpeggio iniziale, accelerazione, ritornello orecchiabile e lunghissime parti strumentali. Le idee non mancano affatto, ma spesso si ha la sensazione che il brodo venga allungato nei nove-dieci minuti di lunghezza media di parecchi brani.
L’album Brave new world, a mio parere, rappresenta l’ideale ponte tra i vecchi e i nuovi Iron Maiden, e il brano Dream of mirrors ne è lo specchio ideale (scusate il gioco di parole): le cavalcate epiche del basso, che hanno contribuito tra le altre cose a forgiare il loro sound, e i ritornelli da stadio, con Bruce Dickinson che aizza la folla da consumato intrattenitore, la fanno ancora da padrone.
In sintesi, ottima la prova di tutti i musicisti. Il produttore Kevin Shirley (che in futuro non sempre riuscirà nel suo intento, anche perchè Harris vorrà intestardirsi spesso a voler mettere troppo il becco dietro la console) riesce a tirare un suono abbastanza pulito e fresco, traghettando la band verso una seconda giovinezza che ancora oggi continua.
Senjutsu, fresco di stampa del 2021, ne è un fulgido esempio.
“The dream is true, the dream is true”.
Up the Irons!
🤘Album: Brave New World
🤘Gruppo: Iron Maiden
🤘Genere: Heavy Metal
🤘2000 – Ristampa Europe del 2017
🤘Voto: 80/100