Fear of the dark

Recensione Fear of the dark Iron Maiden vinile

La mia vecchia Toyota Yaris aveva tutto ciò di cui avevo bisogno durante un viaggio in auto: un lettore CD. Prima di darmi al vinile, mi ero fatto masterizzare una serie di canzoni che, a detta di un mio caro amico (grazie!), mi avrebbero iniziato alla buona musica. Il pezzo Fear of the dark era tra queste.

1992. Tempi di vacche magre per il metal classico, costretto a barcamenarsi per far fronte all’onda anomala del grunge. Gli Iron Maiden escono sul mercato con un prodotto che ancora oggi divide i fan e, vi garantisco, anche io sono abbastanza interdetto. Perché?

Perché il distacco tra pezzi bellissimi e filler piuttosto oggettivi è lampante.
Be quick or be dead è una rasoiata street metal dura come l’acciaio e forgiata nel metallo. Tutta la band è in grande spolvero e Bruce Dickinson canta con tonalità altissime e acidule. La partenza è ottima e maideniana al 200%.

Dopo il rallentamento di From here to eternity (sembrano più gli Ac Dc), arriva un altro pezzo da novanta: Afraid to shoot strangers. Siamo di fronte a una song lunga, strutturata e complessa, che sfocia in una straordinaria galoppata che fa alzare al cielo corna, voce e pelle d’oca. Una delle loro migliori suite degli anni novanta.

Da qui fino alla fine iniziano gli inciampi; se escludiamo l’hard ballad Wasting love, incontriamo un lotto di canzoni deboli (The fugitive, Chains of misery e Judas be my guide) e alcuni filler veri e propri (Fear is the Key, Childhood’s end, The apparition, Weekend warrior).
Forse l’assenza di Adrian Smith si fece sentire o forse Dickinson si sentiva già fuori dalla band. Tutto legittimo, ma le canzoni non sono proprio all’altezza dei re dell’heavy metal.
 

Allora, direte voi? Tutto finito?

Niente affatto. In zona Cesarini, il fenomenale gruppo inglese ci regala la perla delle perle, conosciuta anche dai sassi senza orecchie: Fear of the dark.

“I am a man who walks alone,

and when I’m walking a dark road

at night or strolling through the park”.

Arpeggio, strofa pronunciata dal menestrello Dickinson. Poi un CLAMOROSO cambio di tempo fa deflagrare la canzone in un tripudio di assoli e in un ritornello da cantare a squarciagola:

Fear of the dark,

Fear of the dark,

I have a constant fear that something’s always near.

Fear of the dark,

Fear of the dark,

I have a phobia that someone’s always there”.


Da qui in avanti è tutta una colata lavica di assoli, intrecci melodici e note alte di un Dickinson grande, grandissimo, leggendario.

Chiudere così un album è da fenomeni, come era/è la penna di Steve Harris, qui alla sua massima espressione di creatività.

Gli Iron Maiden concludono da campioni un disco fatto di luci (poche e abbaglianti) e ombre (diverse). Nel corso dei sette anni successivi, saranno decisamente di più le seconde.

The dark, appunto.

“When I’m walking a dark road,
I am a man who walks alone”.


🤘Album: Fear of the dark

🤘Gruppo: Iron Maiden

🤘Genere: Heavy Metal

🤘1992 – Prima stampa Ita

🤘Voto: 75/100

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Filippo Bini autore romanzi ambientati a Bologna
Filippo Bini

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