Trenta milioni. No, non stiamo parlando degli italiani che si sono presentati alle urne per l’ultima tornata elettorale, ma delle copie vendute dal Black album dei Metallica a trent’anni dalla sua uscita sul mercato.
1991. Sarebbe lapalissiano spendere tante parole sull’importanza della band californiana, che in soli cinque anni (dal 1983 al 1988) aveva sfornato quattro album thrash metal a dir poco epocali; ma come il serpente presente sulla copertina del disco, il cui colore nero rimodellò per tutti quanti il titolo dall’omonimo “Metallica” al più popolare ”Black Album”, la band americana cambiò pelle, mutando il sound verso un più accessibile heavy, perfetto per essere accolto dal mercato ed entrare nelle case di milioni di persone.
Un ruolo fondamentale fu giocato dal produttore Bob Rock, capace di catturare un suono estremamente pulito e di una nitidezza mostruosa.
“Exit light, enter night.
Take my hand,
We’re off to never-never land”.
Quante volte avete ascoltato il ritornello di Enter sandman su Virgin Radio? Tante, tantissime. Eppure, ancora una volta, ebbero ragione loro. Le melodie si fanno più accessibili, il cantato meno rabbioso, gli assoli meno adrenalinici e le linee di basso meno distorte.
Sad but true è un ottimo mid tempo, dal ritmo ipnotico e cadenzato, eppure potentissimo; Ulrich pesta duro sulle pelli, mentre Hetfield canta delle battaglie interiori che l’uomo intraprende per superare situazioni complicate. Incisivi e orecchiabili i soli di Hammett. Secondo colpo in canna del disco e secondo centro.
Le ballad meritano un capitolo a parte:
- The unforgiven, dalle atmosfere morriconiane (del resto, Hetfield è un fan sfegatato del genio indimenticato dell’Ennio nazionale), ci mostra il lato intimo dei Metallica. Le parole del pezzo sono un compendio sul senso della vita e consigliano di non sprecare il tempo che abbiamo a disposizione. Ottimo anche il videoclip, curatissimo in ogni dettaglio.
- Nothing else matters emoziona sempre. Il malinconico riff iniziale ci prende per mano e ci parla d’amore. I Metallica 2.0 sono anche questo, anche se fecero storcere il naso ai thrasher duri e puri. In ogni caso, siamo di fronte a un pezzo indimenticabile in ogni sua componente, da tramandare ai posteri.
Tutti gli altri otto pezzi sono pervasi da una qualità molto alta; a detta di chi scrive, spiccano sugli altri Wherever I may roam e The god that failed.
In sintesi, se lo si guarda con il paraocchi il Black album segna la pietra della discordia tra i fan oltranzisti e la band, tanto che chi si aspettava l’ennesima mitragliata di canzoni al vetriolo rimase parecchio deluso.
Se si volge lo sguardo oltre, in maniera più matura e distaccata, ci accorgiamo di avere tra le mani una miniera di ottima musica. Non sarà thrash metal, ma rimane ottima musica. Dopo di questo, i Metallica faranno largamente peggio, risollevandosi (a livello discografico) solo di recente.
Ma la magia di quegli anni è fatalmente scomparsa.
“Never cared for what they do.
Never cared for what they know.
But I know”
🤘Album: Metallica (The Black album)
🤘Gruppo: Metallica
🤘Genere: Heavy Metal
🤘1991, Prima stampa Grecia
🤘Voto: 84/100